Siamo nell’inverno tra il 2010 ed il 2011. I ricordi dell’avventura in India sulla strada carrozzabile più alta del mondo sono ancora molto vividi nella mia mente e nel mio cuore, anche grazie ai numerosi incontri che svolgo in tutto il nord Italia in cui mi viene richiesto di raccontare l’impresa. Un’impresa complessa, talmente difficile da sembrare impossibile ma che è stata invece centrata. Un traguardo raggiunto per la prima volta nella storia da un atleta amputato e proprio con questo pensiero, si decide di replicare e preparare così una seconda impresa. In squadra con me c’è l’amico Alessandro Colombo che assieme ad Enrico De Angeli nelle loro carriere sportive hanno già partecipato a numerosissime randonèe, manifestazioni ciclistiche che superano i 200 chilometri di distanza. La loro conoscenza abbinata alla mia passione per le lunghe distanze e le sfide impossibili, danno vita al nuovo progetto, partecipare alla randonèe più famosa al mondo, la Parigi Brest Parigi. 6000 atleti da tutto il mondo si sfidano ogni quattro anni in questa manifestazione dal 1890 in cui mai nessun amputato di gamba aveva partecipato. Una preparazione difficilissima mi attende dovendo obbligatoriamente acquisire 4 brevetti sulle distanze di 200, 300, 400 e 600 chilometri. Servono competenze da atleta ma anche da coach ed inizio ad analizzare tutti gli aspetti su cui è necessario concentrarsi per centrare questo risultato. Preparazione fisica e mentale, l’abbigliamento, le soste, le luci, l’alimentazione, l’integrazione, i membri della squadra, chi fa che cosa, ecc… Imparo nel corso dei durissimi e lunghissimi allenamenti ad ascoltare il mio corpo, quando poter spingere, quando rallentare oppure fermarmi. Segreto che mi permetterà di arrivare poi all’arrivo in agosto. Riesco in circa 4 mesi a concludere tutti e quattro i brevetti ed avere così i codici di accesso per la Parigi Brest Parigi.
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